fuori è un giorno fragile
qualche goccia di pioggia riga il vetro ogni tanto, in un posto in cui non sono mai stato, in cui nessuno sa che io sono
vedo un pezzo di valle, nuvole rapide che lasciano presagire azzurro incerto, osteggiato dalla scienza e dal buon senso
rumori lontani, stufa a pellet, pochi uccelli che cantano, tutti comunque vicini alle case, tegole messe ad arte non come quelle di casa mia
e le persone, due o tre se ne vedono, comunque lontane, comunque incerto cosa facciano, se stiano stendendo i panni o muovendosi da un punto all’altro delle loro case – o di case altrui
la neve forse c’è stata, non c’è più comunque, e io sono qui, come tanti altri alberi, che si fanno sfidare per gioco dal vento
il freddo non lo sento
ma sento quella sorta di impazienza, allegra, dell’attesa
che le nuvole passino, che le foglie si stacchino, pur essedo tutti innamorati di queste nuvole, perché sono, appunto, rapide
non annoiano mai e non sono mai troppo scure
non sono fantasia anche se ne scatenano molta
vorrei camminare fuori ma avrei paura di rovinare quello che vedo, di non essere più spettatore ma parte del quadro, di non essere adeguato
quindi rimango qui ancora un po’, la magia non interrompe, le persone rimangono poche, io rimango albero, il vento gioca senza fare male, mi posso dimenticare chi ero e chi sarò
lontano, ma non troppo lontano, corre una strada che si infila in una valle laterale
forse la imboccherò un giorno, forse vedrò quello che vede quel corvo che la sta sorvolando, e i miei piedi percuoteranno la pietra, guarderò prima la terra e poi la strada che si allunga e poi di nuovo la terra come quando si cammina
il mondo si muoverò lentamente intorno a me, le nuvole pioveranno o se ne andranno, un po’ come me
capirò cosa muove gli insetti, cosa decide dove scavano le radici, chi decide chi io debba amare
ma adesso è questo giorno di nuvola, con poco vento e pioggia a tratti, a confondermi tra gli altri alberi sorridendo pensando di essere un umano