L’altro giorno mi sono soffermato su un’equazione.
x = sen(45)
45 gradi, intediamoci. Il seno di 45 gradi non è 0,5 come si potrebbe pensare. È invece una brutta cifra, maggiore di un mezzo e minore di uno. Stupisce un po’, se ci si pensa, e ci fa rendere conto che gli assunti immediati non sono sempre veritieri – la ruota rotola perché è tonda, diresti, e invece magari no.
La matematica sa dare anche spunti per la vita reale. Nel mentre sulla ringhiera del balcone passa una formica. Ignorando lo stupore che avrebbe dovuto investirmi se solo per un attimo mi fossi fermato a pensare che un cosa così piccola si muove, respira e forse sogna, cerco di spiegarle questa storia dell’equazione.
Formica, hai visto questa equazione? È davvero una figata, voglio dire tu pensi che è così e invece è cosà.
La formica mi guarda con curiosità. O almeno credo mi guardi, le formiche hanno degli occhi che percepiscono solo se c’è buio o luce. povere formiche, non possono vedere i colori come li vediamo noi, poverine. A pensarci bene poi forse non capisce che cosa sia un’equazione, allora le porto il foglio su cui avevo scritto
x = sen(45)
e glielo metto davanti al muso; è scritto troppo grande, forse vede solo delle grandi linee nere. Meglio scriverglielo più piccolo.. allora glielo scrivo più piccolo.
La formica non sembra un granché interessata, ci cammina sopra, annusa con le antennine e poi passa oltre. Già, che stupido. lei pensa a altro che alle equazioni, anzi forse non pensa.
Forse non ha nemmeno ben capito quando le ho detto che c’era un’equazione da leggere sul foglio, avrei dovuto spiegarglielo meglio.
Ma che stupido, una formica in genre non conoscela trigonometria.
A pensarci bene credo non avesse nemmeno capito la matematica in generale.
E prima della matematica, avrebbe dovuto sapere l’italiano per capire cosa stavo dicendo.
Prima ancora dell’italiano avrebbe dovuto capire che stavo mettendo in fila delle onde sonore per comunicarle qualcosa.
Tra l’altro le mancavano le orecchie.
Pazienza, formica, io ti voglio bene lo stesso
…
poi mi passa un pensiero per la testa, e guardo le nuvole. Poi guardo gli alberi, poi guardo casa mia. Ripenso a stamattina, quando ho mangiato un po’ di pane, e a qualche anno fa, quando è morto mio nonno. E a qualche anno prima, quando sono andato in parapendio. Penso a quella volta che ho pianto, e poi a quella che ho riso, riguardo la formica.
E a quella volta che ho abbracciato una persona che poi non ho visto più, e quando ho sentito una serie di sentimenti tra la vergogna la tristezza e il piacere, riguardo la formica, e poi guardo il sole – non riesco a guardarlo in realtà, è troppo forte.
E poi, ovviamente penso: probabilmente è 24 anni che qualcuno sta cercando di spiegarmi un’equazione.